venerdì 11 febbraio 2011

CRISTÓBAL COLÓN: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS



"CRISTOFORO COLOMBO", Monologo Teatrale, scritto in lingua italiana da Alberto Macchi, a Roma nel 1992. Edito a Varsavia nel 2013 sul n. 
4-5 di Gazzetta Italia, in lingua italiana e in lingua polacca.

"Cristoforo Colombo - Visione del Mondo" è sostanzialmente un monologo-epilogo di uno di quei grandi personaggi che non si sono lasciati vivere dalla vita. Egli stesso, infatti, è stato artefice a pieno della sua vita. Entusiasta, comunicatore, trascinatore, è vissuto sempre nell'evasione. Per gli ideali ha eluso continuamente la realtà convenzionale della vita, prendendone coscienza però di fronte alla morte, sua compagna da sempre fedele ed invisibile, fonte di stimoli e di coraggio. Questa morte che quando se l'è trovata concreta davanti, per la prima volta, ecco che l'ha temuta. (Nota dellautore)


Articolo su "Gazzetta Italia", Varsavia 4-5/2013

BREVE PASSO DEL TESTO:
PERSONAGGI:
CRISTOFORO COLOMBO, navigatore
FERDINANDO, Re di Spagna
RODRIGO DE TIANA, marinaio, amico di Colombo

Scena terza: EPILOGO - Una stanza, un letto con sopra un uomo disteso: è Cristoforo Colombo, solo, abbandonato da tutti, stanco e malato. Una luce a pioggia s’accende sul suo capo. Parte una musica. Siamo a Valladolid in Spagna. È il 20 maggio dell'anno 1506.

COLOMBO: (Mentre si alza a fatica) E poi adesso questa diceria che sarei figlio di Giovan Battista Cybo di Genova; figlio d’un papa! (Ride) Io figlio di Innocenzo VIII! (Riprende a ridere) E quante altre ancora ne ho sentite sul mio conto! Come, ad esempio, che per affrontare il mio primo viaggio avrei utilizzato una carta geografica risalente al 1485 di un certo cartografo turco di nome Pivirei o Klivirej …, ora non ricordo, dove sarebbero state già raffigurate e descritte le nuove terre. Mah! Lasciamo stare, è meglio sorridere …. Ecco tutt’al più potrei ammettere che chi mi ha ispirato ad intraprendere il primo viaggio sia stato Marco Polo; dopo che ebbi letto il suo “Milione”; questo sì! (Lunga pausa) Mio fratello Bartolomeo, mio padre Domenico, mia madre Susanna, mia moglie Felipa, la mia compagna Beatrice, mio figlio Fernando, le mie avventure per mare, oggi tutto m'appare vano, così come vana è la vita! (La musica svanisce) Ho sposato Felipa perché l'amavo, ma poi nella realtà ho vissuto accanto a Beatrice. Ho procurato inimmaginabili ricchezze alla Spagna, per morire nella miseria. Ho scoperto una nuova terra, quasi un paradiso, per doverlo abbandonare e per lasciarlo abitare agli altri. (Pausa) Però, a pensarci bene, una cosa duratura, vera e benfatta, c’è stata nella mia vita: l'Amore. Il sentimento dell'Amore! Quindi che sto a lagnarmi! (Lunga pausa) Re Ferdinando con la sua fredda accoglienza al mio ritorno in Spagna, dopo che avevo affrontato anche una lunga malattia durante il mio ultimo viaggio, è stato lui che m’ha portato a riflettere, a pormi certi quesiti, a ricercare dannatamente il senso della vita. Così, come reazione, per prima cosa ho incominciato ad evitare gli altri chiudendomi in un paradossale isolamento. E mi sono fermato a considerare la vanità e la vacuità di tutte le cose. Risultato, che ora sono qui, solo, dimenticato da tutti, in precarie condizioni economiche, fisicamente e moralmente distrutto; qui a Valladolid, dove non mi resta che lasciarmi morire, possibilmente in grazia di Dio. Sì, perché Dio, poveretto, in questa faccenda non centra. La colpa è tutta della Vita. Perché la Vita è così. Lei è come una bella signora, ti entusiasma, ti seduce, ti eccita, ti lascia credere, poi, quando meno te l’aspetti, t’abbandona …, quantomeno t’abbandona a te stesso. Anche mia madre, lei che mi ha messo al mondo, come la Vita, anche lei mi ha abbandonato, forse per seguire sua madre nell'aldilà. La Vita insomma è una bella promessa che prima o poi ti delude. Ma credo che se guardassimo di più, invece di vedere soltanto, chissà, forse non incorreremo in certe delusioni, in certe sorprese. Invero io sono stato una persona entusiasta di vivere, curiosissimo, tenacissimo, eppure ecco che ad un certo momento – anche se con qualche ritardo e forse con un po’ di riguardo rispetto alla massa degli altri esseri umani – la vita alla fine mi si è parata davanti in tutta la sua crudezza per annunciarmi che il tempo mio è trascorso. Ho settantacinque lunghi anni alle spalle, è primavera, stagione in cui tutta la natura si risveglia e io dovrei addormentarmi, per abbandonarmi alla Morte? Quando mi spingevo per mare verso l’ignoto, un giorno, ricordo, ebbi la percezione che la Morte dovesse essere un po’ come la mia meta. Infatti, vicina o lontana che fosse, essa era lì davanti a me ad aspettarmi. Ma anche allora, appena fui in vista della terra, volli illudermi e sperai in altri approdi successivi, in un mondo infinito, con infinite mete. Eppure sapevo che il mondo è una sfera, che il mondo è finito. Una volta ultimata la circumnavigazione si torna al punto di partenza, come la Vita che, con la Morte, in un certo senso ti riconduce alla Nascita. Insomma, avevo sfidato la Vita e la Morte insieme, le mie potenzialità e l’ignoto contemporaneamente! “Però un uomo come me, al servizio della Spagna, al servizio del mondo intero, non può morire, non deve morire, non morirà mai!”, mi andavo ripetendo. Invece eccomi qua, senza forze, senza volontà, vecchio, che sto morendo. Questa stanza, questo letto, queste stoffe di velluto rosso, sento che saranno fatalmente la mia tomba. Qui, costretto fra queste mura, lontano dal mio oceano, dovrò lasciare questo mio mondo, solo, abbandonato da tutti. Ho avuto sempre un rapporto difficile con la realtà, avendo troppa fantasia e spirito d'avventura. E ora vorrei illudermi che non morirò. Ma mi sento come svuotato. Un tempo, quando avevo qualche problema nel rapporto con la mia donna, con le persone in genere o col Cielo, allora mi dicevo: “Se ci sono i problemi, allora non c’è la coppia, allora non c’è l'amicizia, non ci sono io, non c’è Dio”. Erano tutte elucubrazioni mentali, è vero, però esprimevano desiderio di vivere, di lottare per risolvere quei problemi. Oggi invece non temo nulla, non credo più a niente! Vivo nell’equanimità della mente, quella mente che so bene che mente sempre e che mente soprattutto a quella parte di suoi possessori non educati a certa volontà di superare le proprie tendenze negative, che rincorrono l’altra volontà, quella di superare difficoltà concrete al solo scopo di realizzare cose materiali; quella mente che, essendo appunto mentale, fa fatica ad affidarsi al sentimentale, allo spirituale. Però oggi, devo confessare, ho paura dell’ignoto, quello stesso ignoto che una volta invece m’affascinava e che ha stimolato tutta la mia vita. (Considera) Si nasce, si conosce, ci si conosce, si muore. Sì, si muore quando si acquisisce consapevolezza che la vita è di per se una sconfitta, una sorta d’espiazione. E rivedo le onde immense dell'oceano, la luce accecante del sole, il buio ossessivo delle notti, le terre lontane, i gabbiani, l'azzurro, le albe, i tramonti, la disperazione e l’euforia riflesse negli occhi dei miei compagni di viaggio. E riodo le loro grida di paura, le loro urla di felicità, le loro sbornie, i rumori del mare, del vento, delle tempeste, dei remi, del legno, delle vele, i lunghi, infiniti silenzi. E risento il forte odore del mare, la brezza sulle membra, il sapore del sale sulle labbra, il panico improvviso, l’estrema felicità, il caldo soffocante, il freddo insopportabile. Ed eccomi ad elemosinare presso le Corti di Spagna e di Portogallo; ecco l’estrosa regina Isabella, i fratelli Pinzon, l'ago della bussola che, così d’improvviso, impazzisce e che mi disorienta l’anima, la testa e i nervi, ecco la Stella Polare, l'amico Diego, l'ammutinamento, ecco quel venerdì 12 ottobre la terra, l’isola di San Salvador e Cuba, l’amaca dei selvaggi, i selvaggi che fumano, i loro pappagalli, l’oro; la fuga di Pinzon, la Santa Maria incagliata e Diego che resta a governare le terre conquistate. I selvaggi deportati in Spagna come schiavi. Me incatenato, rimandato in Spagna insieme a mio fratello e umiliato davanti ai miei compagni, la conseguente mia perdita del titolo di Viceré delle terre conquistate, la rinuncia forzata ad ogni ricchezza, il mio totale disfacimento. A nulla è valso avere dignità, orgoglio, rispetto e attenzione per gli altri! È valsa soltanto l’acquisizione dell’idea della vacuità e dell’illusione di tutte le cose, sensazione quest’ultima, che ci occorre per esorcizzare la morte, per tutto il tempo che siamo impegnati a trascorrere questa maledetta esistenza. Per esorcizzare appunto la morte, quella stessa morte che fin dalla nascita mi ha sempre condotto per mano e che non mi mai abbandonato e che non abbandona tuttora neppure per un attimo, neppure adesso che, sconfitto, sto lasciando la vita. (Ripiomba sul letto, senza più vita. Le luci si spengono. Parte la stessa musica di prima)
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(1) GIOVAN BATTISTA CYBO (Genova 1432 – Roma 25/7/1492). Fu eletto papa col nome di INNOCENZO VIII il 28/8/1484. Fu un pontefice nepotista e simoniaco. Condannò le tesi di PICO DELLA MIRANDOLA.
(2) MARCO POLO (Venezia 1254 – Venezia 8/1/1324), commerciante e viaggiatore. Nel 1271, a diciassette anni, accompagnò suo padre NICCOLÒ e suo zio MATTEO in Cina, terra che suo padre e suo zio avevano già raggiunto cinque anni prima nel 1266. Quando tornò, il 7 settembre 1298 partecipò alla battaglia di Curzola contro i genovesi e quivi fu fatto prigioniero. In carcere dettò le sue memorie di quel viaggio al letterato RUSTICHELLO DA PISA, il quale le trascrisse in lingua francese, intitolandole “Livre des merveilles du monde”. In Italia quest’opera fu conosciuta col titolo “Il Milione” da Emilione appellativo della famiglia POLO.

DALL'IDEA ALLA STESURA DEL TESTO TEATRALE, AL DEBUTTO, ALLE REPLICHE:

Anno 1991
- In vista delle Commemorazioni e dei Festeggiamenti per l'Anniversario dei 500 anni dalla Scoperta dell'America, previste per il prossimo anno, dopo aver visitato la Casa di Cristoforo Colombo a Genova, Alberto Macchi sente l'impulso di scrivere un Monologo per il Teatro che si riferisca agli ultimi anni della vita del grande navigatore.
Anno 1992
- Terminato il testo teatrale corredato di note e di bibliografia, dopo mesi di impegno presso le biblioteche di Roma e di Genova, questo viene regolarmente depositato alla S.I.A.E. di Roma.
Anno 2013
- Pubblicato il testo teatrale “Cristoforo Colombo”, su Gazzetta Italia di Varsavia n. 4-5/2013, in lingua italiana e in lingua polacca, Questa pubblicazione è consultabile presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e presso la Biblioteka Narodowa di Varsavia, nonché presso l'Archivio di Alberto Macchi a Roma.
Anno 2014
- Lettura drammatizzata con gli attori del laboratorio teatrale presso il piccolo teatro della Galleria Freta di Varsavia.


Testo definitivo


"Cristoforo Colombo", Incisione del XIX secolo.


FILM:






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ALBERTO MAGNO E TOMMASO D'AQUINO: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS



“ALBERTO MAGNO E TOMMASO D'AQUINO" è un Dialogo Teatrale, in lingua italiana scritto da Alberto Macchi a Roma nell'anno 2004. Inedito.

Un dialogo questo tra due illuminati che non può che farci riflettere ognuno per nostro conto. (Nota dell'autore)

DALL'IDEA, ALLA STESURA DEL TESTO, ALLE RAPPRESENTAZIONI

Anno 2003

- Dialogando con i professori dell'Angelicus, con i teologi di Santa Sabina e con i monaci di Santa Maria sopra Minerva a Roma è nata in Alberto Macchi l'ispirazione a descrivere un immaginario dialogo tra Alberto Magno e Tommaso d'Aquino.
Anno 2004
- Stesura definitiva del testo teatrale diviso in sei scene, con l'aggiunta delle note e della bibliografia.

Dialogo Teatrale "ALBERTO MAGNO E TOMMASO D'AQUINO", del 2004

Anno 2009
- Lettrura Drammatizzata a cura dell'autore, presso il Teatro "Enrico Marconi" di Varsavia durante un laboratorio teatrale.
Anno 2013
- Pubblicata scena da "Alberto Magno e Tommaso D'Aquino", su Gazzetta Italia di Varsavia n. 7-8/2013 in italiano e polacco.

RASSEGNA STAMPA, INTERNET, RADIO, TV, OSSERVAZIONI VARIE

Alberto Macchi, Alberto Magno e Tommaso d'Aquino: Scena teatrale, [in:] "Gazzetta Italia", Varsavia, 1/2014 

Alberto Macchi, Alberto Magno e Tommaso d'Aquino: Scena teatralna, [in:] "Gazzetta Italia", Warszawa, 1/2014  

PASSI TRATTI DAL LIBRO, CON O SENZA NOTE E BIBLIOGRAFIA


Scena Terza: ASTRI
Anno 1253. Colonia. Una sala: Alberto e Tommaso sono seduti uno di fronte all’altro.
ALBERTO: Guarda la luna Tommaso. Oggi la luna è alquanto strana. Sembra una donna vestita d’argento. Credo stia tramando qualcosa di buono. E questo, ti assicuro, è un ottimo presagio. Avverto novità in arrivo. Non è così anche per te? Non senti che gli astri ti sono favorevoli?
TOMMASO: Maestro Alberto, "Astra inclinant, non necessitant!"
ALBERTO: E’ vero. È proprio così. Anche questa volta hai ragione: gli astri possono predisporre, non determinare! La tua conoscenza ormai, come vedi, ha superato quella del tuo maestro. Non c’è dubbio, è proprio così. È vero, Iddio soltanto, potrebbe condizionare il nostro presente e determinare il nostro futuro.
TOMMASO: E anche in tal caso noi possiamo modificare ciò che Egli potrebbe aver predisposto, magari per sottoporci a delle prove, tramite la nostra volontà, grazie al libero arbitrio che ci è stato concesso.
ALBERTO: Adesso sono sempre di più convinto che tu sia pronto per il grande balzo. Va figlio benedetto, recati pure a Parigi e sii un perfetto predicatore (1), un perfetto docente, un perfetto baccelliere.
TOMMASO: (Stupefatto) Ma, Maestro!
ALBERTO: Tutto ormai è predisposto nella più totale armonia, dal Signore, da me …, dagli astri (Ride).
TOMMASO: Ma io non credo d’esser degno di tanto. (Felice, solleva le braccia e girando su se stesso) Io, Maestro, Baccelliere all’Università di Parigi!?
ALBERTO: (Abbraccia e benedice Tommaso)

OPERE DI/DA ALBERTO MAGNO E/O TOMMASO D'AQUINO, PUBBLICATE NEL LIBRO E/O DELLA COLLEZIONE DELL'AUTORE

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giovedì 10 febbraio 2011

GRAND TOUR: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS



"GRAND TOUR", Testo-Guida per un Gioco-Performance Teatrale, scritto in lingua italiana a Roma nel 2007, da Alberto Macchi. Inedito, in attesa di pubblicazione.

Un nuovo giuoco per sempre: per divertirsi, per istruirsi, per vincere lo stress, per dare un senso in più alla vita, per capire come eravamo, per capire come dovremmo essere, per stare bene insieme, per amare ... l’arte, ... il teatro, ... la storia, ... la natura. Per amare...
Questa guida infatti vuol essere un viaggio tra reale e ideale a braccetto con i personaggi del Grand Tour nei luoghi da loro visitati due-trecento anni fa, possibilmente con l’ausilio dei miei testi teatrali allegati nelle note. Ma più specificatamente, questo vademecum, è un esempio generico, utile, pur tuttavia, a chi volesse costruirsi un itinerario con cui poter ripercorrere e rivivere almeno una 'giornata tipo' dei viaggiatori del Grand Tour, ovvero dei monarchi, dei nobili, degli artisti, solitamente tutti collezionisti d’arte e studiosi, che dal Seicento all’Ottocento sono approdati in Italia, provenienti da tutta Europa e anche da altre parti del mondo. Se ci si attiene a questo manuale, si possono visitare gli stessi luoghi, spesso rimasti intatti, assaporare le stesse identiche vivande di allora, sperimentare le stesse locande e taverne, più o meno simili a quelle del secolo dell’Illuminismo. Quindi per un giorno ci si può identificare con Re Gustavo III di Svezia, con lo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe, oppure con la pittrice svizzera Angelica Kauffmann, con il Principe polacco Michał Jerzy Poniatowski, con l’Ambasciatore inglese Sir William Hamilton, con la pittrice francese Elisabeth Vigeé-Lebrun, con lo scultore danese Betel Thorvaldsen, con il pittore austriaco Anton von Maron, con il pittore olandese Henrik Voogd, con l’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America Thomas Jefferson o con l’Abate spagnolo Juan Andrès o anche – perché no? – con il Re del Portogallo.
Questa guida si compone di quattro parti: la prima riporta nei minimi dettagli, tutte le informazioni per come effettuare l’escursione, con allegato un elenco di proposte di siti da visitare; la seconda parte racchiude alcune nozioni storiche, con le schede dei viaggiatori, arricchite da una bibliografia e da un glossario di termini settecenteschi relativo a località, cibi, espressioni e oggetti vari: tutto materiale da leggere e da consultare prima e durante la gita. La terza parte, invece, raccoglie le note e le fonti storiche. La quarta parte, infine, raggruppa le foto di alcuni dipinti e di alcune stampe e comprende alcuni miei testi teatrali relativi a biografie di personaggi dello stesso periodo ed anche di epoche antecedenti. [...] (Nota dell'autore, Roma 2007)


La Posta di Mesa sulla Via Appia in un' incisione del XVIII secolo, di Giuseppe Fabbri,
ma che la rappresenta come appariva nei secoli prececedenti.


La Posta di Mesa sulla Via Appia in un' incisione del XVIII secolo, di Giuseppe Fabbri.


La Posta di Mesa in un'incisione del XIX secolo di C. Antonini su disegno di F. De Capo. Detta anticamente Statio ad Medias perché al Decennovion della Via Appia, ossia nel mezzo della cosiddetta Fettuccia di Terracina dei tempi nostri.

I TRE SITI DELLA CAMPAGNA ROMANA PIU' VISITATI DAI VIAGGIATORI DEL GRAND TOUR:


GROTTA DI EGERIA PRESSO LA TOMBA DI CECILIA METELLA - VIA APPIA

GROTTE DELLA CERVARA PER LA FESTA DEGLI ARTISTI - VIA PRENESTINA

GROTTE E CASCATE DI VILLA GREGORIANA CON IL TEMPIO DELLA SIBILLA - VIA TIBURTINA

Catalogo Grand Tour ai Castelli Romani

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Sono un appassionato di ricerche sul "Grand Tour e sulle Accademie dell'Arcadia e di San Luca nel XVIII secolo". Vivo in Italia ed in Polonia dove, di tanto in tanto, AMO VIAGGIARE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO. Chiunque, residente in uno di questi due paesi, nutra la mia stessa passione, può contattami per un incontro in cui condividere e scambiarsi esperienze, foto, opere, documentazioni raccolte a tutt'oggi e magari per concordare un'eventuale escursione, tra realtà e immaginazione, da fare insieme successivamente.

EMMA HAMILTON: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS




“EMMA HAMILTON" è una Scena Teatrale, in lingua italiana scritta da Alberto Macchi a Roma nel 2004. Inedito.


La foto sulla copertina è un dettaglio del quadro Emma o Amy Hart o Harte Lyon o Lyons (1763 o 1765 – 1815)
Famosa eterea britannica, moglie di Sir William Hamilton e amante dell'Ammiraglio Horatio Nelson, ritratta a olio su tela da Elizabeth Louise Vigée-Lebrun (Parigi 16/4/1755 – Louveciennes 30/3/1842)


DALL'IDEA ALLA STESURA DEL TESTO, ALLE RAPPRESENTAZIONI

Anno 2004
- Facendo ricerche a Londra e in Italia intorno a Lord Hamilton, Alberto Macchi s'innamora della figura di Emma e così decide di scrivere un particolare testo teatrale.
Anno 2010
- Questo testo viene letto in seno ad un laboratorio della Compagnia Teatrale Esperiente al Teatro Marconi di Varsavia.
Anno 2013
- Pubblicato il testo teatrale “Emma [Hamilton] e l’alcova”, su Gazzetta Italia di Varsavia n. 1-2/2013, in lingua italiana a polacca. Questa pubblicazione è reperibile alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e alla Biblioteka Narodowa di Varsavia.

EMMA HART LYON -  Lady Hamilton
Scena Teatrale: "Alcova" - Roma 2007
Scena Unica: ALCOVA
Napoli, anno 1787. Sir William Hamilton (1) ed Emma Lyon (2) in camera da letto dove è disposto, proprio di fronte al letto, un palcoscenico. Il sipario è aperto. Al centro, sul fondo, posta verticalmente, è stata disposta una lunga cassa di legno, aperta sul davanti, dipinta di nero all’interno, listata da una sontuosa cornice d’oro, così grande da poter contenere una figura umana in piedi. Candelabri, abiti, drappi, armi strumenti e oggetti vari di forme e di dimensioni diverse, sono distribuiti un po’ dappertutto .
EMMA: (Appare come dal nulla con indosso antiche vesti variopinte. Si predispone nella cassa dallo sfondo nero, ornata dalla cornice dorata e propone la sua bella immagine come statua vivente)
HAMILTON: (Da fine intenditore d’arte e di giovinette qual’è, vestito con una tunica da senatore romano, si gode Emma come fosse una inimitabile e stuzzicante figura rappresentata sopra una tela che riproduce una statua classica, un mosaico o un bassorilievo)
EMMA: (Si cambia d’abito e, così conciata, imita le antiche pitture pompeiane)
HAMILTON: (La osserva con un’attenzione che esprime una discreta e velata libidine. Ma ecco che ad un certo punto interrompe il giuoco offrendo ad Emma dei vestiti greci antichi)
EMMA: (Si abbiglia alla greca, con un costume che la veste mirabilmente. Quindi si scioglie la chioma e, servendosi d’un paio di scialli, muta pose, gesti, espressioni. Ciò che avrebbero aspirato a creare tante migliaia di artisti, ella offre come realtà in movimento, con una sorprendente successione di pose. In piedi, in ginocchio, seduta, sdraiata, seria, triste, maliziosa, sfrenata, contrita, provocante, minacciosa, timorosa e via dicendo: un’espressione segue l’altra, e un’altra la sostituisce. Per ciascuna di esse – ora all’interno della cassa, ora all’esterno – ella sa scegliere e cambiare il drappeggio del velo, e con le stesse stoffe si acconcia in cento modi i capelli)
HAMILTON: (Regge un lume ed è in costante adorazione in ginocchio davanti ad Emma)
EMMA: (Prova tutte le immagini dell’antichità, i bei profili delle monete siciliane e persino l’’Apollo del Belvedere’)
HAMILTON: (Abbandona il lume, si spoglia completamente nudo; poi indossa una maschera da gatto e una coda. Afferra un’anfora, versa del vino dentro due calici e ne offre uno ad Emma)
EMMA: (Brinda dal palcoscenico a favore di Hamilton)
HAMILTON: (dal di fuori della scena ricambia brindando verso Emma; poi lascia la coppa, va ad adagiarsi sul letto e incomincia a spogliarsi)
EMMA: (Si produce nei suoi talenti musicali suonando prima un flauto e poi una siringa. Quindi abbandona questi due strumenti, si abbiglia con un drappo bianco, adorna il capo con una corona d'alloro, indossa dei calzari e, come una Pastorella dell'Arcadia, afferra una cetra e canta i versi anacreontici “Canzonetta” e “Ali d’Amore” di Irène Duclos Parenti mentre, sfiorando mobili e pareti con un dito, percorre tutta l’alcova dell’amore finché, osservando il corpo già nudo di Hamilton esclama) Tutti coloro che non s’accorgono della bellezza, dell’eleganza, dell’intelligenza e dell’affetto di cui è capace un gatto sono come quei miseri uomini che, passeggiando d’estate lungo una strada di campagna restano ciechi ai fiori e sordi al canto degli uccelli, al ronzio degli insetti.
HAMILTON: (Afferra Emma per un braccio e la trascina sotto le coperte scoppiando a ridere spensierato come un fanciullo)
EMMA: (Ride felice insieme al suo amato William)
BUIO - SIPARIO
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NOTE:
(1) WILLIAM HAMILTON (1730 - 1815) è un grosso cultore dell’antichità, un collezionista raffinato, un importante geologo. Ha una sorella ELIZABETH che sposerà il Primo Conte OF WARWICK. Egli invece sposa Lady CATHERINE GLENORCHY. Nel 1752 consiglia a FILIPPO MORGHEN (1730 post – 1777) di dedicare le sue “Antichità di Pozzuoli, Baja e Cuma” alla Society of Encouragement of Arts, Manifactures and Commerce di Londra; MORGHEN allora inserisce anche una dedica a lui e a sua moglie. Diplomatico presso la Corte del Re di Napoli e di Sicilia FERDINANDO IV (1751 – 1825) fin dal 1764, ha occasione di frequentare molti artisti e nel 1767 incontra DAVID ALLAN (1744 – 1796), un pittore che definisce “genio instancabile”. Tra le prime opere pittoriche che egli ordina da quando è in Italia figura una copia del “Ritratto del Principe Karl Wilhelm Ferdinand” dello stesso autore POMPEO BATONI (1708 – 1787). Nel 1765 è uno dei primi, insieme a PIETRO FABRIS a visitare il Tempio di Iside a Pompei. Va ricordato che il Teatro di Pompei viene riportato alla luce nel 1764, pochi mesi prima del Tempio di Iside, e che i primi ritrovamenti casuali a Pompei risalgono al 1595 e che invece gli scavi ufficiali iniziano soltanto nel 1748. Nel 1768 diviene Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario Britannico a Napoli e sarà nominato successivamente ‘Sir’. È uno tra i cittadini inglesi più ricchi e più autorevoli residenti in Italia. Possiede sontuose residenze nel cuore di Napoli, come ‘Palazzo Sessa’ e ville fuori città, come ‘Villa Angelica’ a Portici. Acquista raccolte di sigilli incisi che comprendono una serie di scarabei egizi, dal Duca GIOVANNI CARAFA DI NOIA (1715 – 1768). Nel 1769 GIOVANNI BATTISTA PIRANESI (1720 – 1778) gli vende un vaso marmoreo, che poi egli rivenderà al Conte GEORGE GREVILLE OF WARWICK. È il mecenate dell’archeologo JOHANN JOACHIM WINCKELMANN (1717 – 1768) e del suo amico, il Barone PIERRE FRANÇOIS HUGUES D’HANCARVILLE (1719 - 1805), il quale riporta parte della collezione di vasi greci di HAMILTON nel suo catalogo illustrato “Collection of Etruscan, Greek and Roman Antiquities, from the Cabinet of the Hon.ble W.m Hmilton”, in quattro volumi, pubblicato, con mille difficoltà, tra il 1766 e il 1776 e seguito da un anno di contenzioso finanziario. Nella sua residenza dentro il cuore di Napoli tiene un salotto sofisticato e cosmopolita, meta obbligata di artisti e letterati, quali JOHANN WOLFGANG GOETHE, JAKOB PHILIPP HACKERT, ABRAHAM LOUIS DUCROS, WRIGHT OF DERBY, THOMAS JONES, MICHAEL WUTKY ed altri, affascinati dalle sue collezioni di reperti antichi, nonché dalle danze in costume greco della bella EMMA HART. Nel 1774 commissiona una serie di 12 disegni, che vengono inviati alla Society of Antiquaries di Londra e in seguito incisi per il volume quarto del periodico “Archeologia”. Nel 1776 pubblica a Napoli “Campi Phlegraei: Observations on the Volcanoes of the two Siciles” in due volumi, con 52 illustrazioni di PIETRO FABRIS. Nel 1778 il nome di WILLIAM HAMILTON appare fra le dediche su una raccolta di stampe che raffigurano “Vasi, Candelabri, Cippi, Sarcofagi” di PIRANESI. Nel 1779 entra a far parte della Society of Dilettanti fondata da un gruppo di giovani artisti inglesi che nel 1732 avevano visitato l’Italia nel corso del Grand Tour. Sir JOSHUA RENOLDS (1723 – 1792) in questa occasione lo inserisce nel dipinto “Ritratti di gruppo di Membri della Society of Dilettanti” in cui figura con la decorazione di Cavaliere dell’Ordine del Bagno. Il 17 luglio 1781 invia dall'Italia alcuni falli di cera colorata con una lettera a Mr. JOSEPH BANKS Presidente della Royal Society di Londra che racconta di strani riti presso il Santuario dei SS. Cosmo e Damiano a Isernia, un eremo sorto sopra un antico tempio pagano dedicato a Priapo. Qui le donne, dice, vendono davanti alla chiesa, come ex-voto, alcuni falli di cera colorata ai pellegrini che accorrono a chiedere una grazia per ottenere fertilità e potenza sessuale. I riti, come quello dell'unzione della parte del corpo da guarire o quello di ospitare per la notte, lasciando fuori i mariti, le sole donne ben assistite dai frati cappuccini, che si svolgono all'interno della Chiesa dei SS. Cosmo e Damiano, aggiunge Sir WILLIAM HAMILTON, sono pressappoco gli stessi che si svolgevano molti secoli prima nel Tempio di Priapo. Ebbene, in seguito a questa lettera e ad un'altra lettera di uno sconosciuto di Isernia che conferma ogni cosa, il Cavalier RICHARD PAYNE nel 1786 ha pubblicato un opuscolo dal titolo "Discourse on the Worship of Priapus" ovvero "Discorso sul Culto di Priapo". L'opuscolo e i falli di cera oggi sono conservati al British Museum di Londra (MLA M560-64, part; combined with W319-20). Nel 1782 conosce il pittore THOMAS JONES (1742 – 1803) e poi il pittore GIOVANNI BATTISTA LUSIERI detto TITTA (1755 ca – 1821) che presenta al suo amico, il Settimo Conte OF ELGIN, affinché lo nomini agente ad Atene nei negoziati per l’acquisto dei marmi del Partenone. Nel 1783 prende a vivere con se EMMA HART LYON (1763 – 1815). Nel 1789 ordina al pittore HUG DOUGLAS HAMILTON (1740 - 1808) una copia in pastello del suo quadro “Emma nel ruolo delle tre Muse”. Nel 1791, all’età di 61 anni sposa una seconda volta, con una giovane eterea britannica, EMMA HART, di soli 26 anni. A lei dedica ‘Villa Emma’ a Posillipo. È committente per se o per sua moglie del pittore austriaco ANTON VON MARON (1731 – 1808), della pittrice francese ELIZABETH VIGEÉ-LEBRUN (1755 – 1842), della pittrice svizzera ANGELICA KAUFFMANN (1741 – 1807) e del pittore inglese GEORGES ROMNEY (1734 – 1802). Nell’anno 1800 termina il suo esercizio di Diplomatico presso la Corte di FERDINANDO IV. (J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Mondadori, Milano 1985) (Grand Tour: Il fascino dell’Italia nel XVIII Secolo, Skira, Milano 1997) (Settecento a Roma, Silvana, Cinisello Basamo 2005) (Nuovissima Enciclopedia Universale Illustrata, Istituto Editoriale di Cultura, Roma 1945) (Dizionario Enciclopedico Melzi, A. Vallardi – Gazanti, Milano 1994)
(2) EMMA o AMY HART o HARTE LYON o LYONS (1763 o 1765 – 1815), famosa eterea britannica, nel 1783 fu inviata a Napoli presso Sir WILLIAM HAMILTON. Nel 1789 fu ritratta ad olio su tela nel ruolo delle “Tre Muse” dal pittore HUG DOUGLAS HAMILTON (1740 – 1808). Visse con WILLIAM HAMILTON come concubina, ma poi nel 1791, i due si sposarono. In quell’occasione ANGELICA KAUFFANN (1741 – 1807) la ritrae su tela, a figura intera, in “Lady Hamilton come Talia”, che verrà ripresa a mezzo busto in un’incisione del 1827, da PAOLO LORENZI e RAFFAELLO MORGHEN (1758 – 1833). I napoletani, per il suo temperamento, la soprannominarono EMMA LIONA o ‘A LLIONA. Qualche anno dopo divenne l’amante del Generale inglese HORATIO NELSON (1758 – 1805). Morì a Calais in Francia, dopo essere caduta in disgrazia e dopo aver scontato anche il carcere per debiti. Sarà ritratta dai pittori: ANTON VON MARON (1731 – 1808), JOSUA REYNOLDS (1723 - 1792), ELIZABETH VIGEÉ-LEBRUN (1755 – 1842), ANGELICA KAUFFMANN (1741 – 1807). (J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Mondadori, Milano 1985) (Grand Tour: Il fascino dell’Italia nel XVIII Secolo, Skira, Milano 1997) (J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Mondadori, Milano 1985, pagg. 231, 232, 241, 366, 367, 400, 401, 424, traduzione di Emilio Castellani). Ecco i passi: Caserta, 16 marzo 1787 - Il Cavalier Hamilton che risiede qui [a Napoli] come ambasciatore inglese, dopo essere stato a lungo un appassionato d’arte e avere ampiamente studiato la natura, ha trovato le massime gioie della natura e dell’arte sommate in una bella fanciulla: una giovane inglese sui vent’anni, molto avvenente e ben fatta, che tiene presso di sé. L’ha abbigliata alla greca, con un costume che la veste mirabilmente; ella poi si scioglie la chioma e, servendosi d’un paio di scialli, continua a mutar pose, gesti, espressioni, ecc., tanto che alla fine par davvero di sognare. Ciò che avrebbero aspirato a creare tante migliaia di artisti lo vediamo come realtà in moto, come sorprendente successione di pose. In piedi, in ginocchio, seduta, sdraiata, seria, triste, maliziosa, sfrenata, contrita, provocante, minacciosa, timorosa e via dicendo: un’espressione segue l’altra, e un’altra la sostituisce. Per ciascuna di esse ella sa scegliere e cambiare il drappeggio del velo, e con le stesse stoffe si acconcia in cento modi i capelli. L’anziano cavaliere le regge il lume ed è in costante adorazione avanti alla sua persona. Trova in lei tutte le immagini dell’antichità, i bei profili delle monete siciliane e persino l’’Apollo del Belvedere’. Sta di fatto che il divertimento è unico! Ci siamo già godute due di queste serate, e stamattina Tishbein farà il ritratto della bella. Napoli, 22 marzo 1787 - Naturalmente chi dispone di tempo, di senso pratico e di denaro può accomodarsi anche qui [a Napoli] con larghezza e soddisfazione. È il caso di Hamilton, che s’è fatto qui un gran bel nido e ne gode sul declinare dei suoi giorni. [Hamilton s’era costruito una casa a Portici, una sull’attuale Riviera di Chiaia ed una villa a Posillipo di fronte alla quale una dozzina di ragazzi dalla marina si tuffavano in mare; era una gioia vedere come giocavano tra loro, raggruppandosi e atteggiandosi in mille modi! Hamilton li paga per sollazzarsi così tutti i pomeriggi]. Le sue stanze, che ha fatto arredare secondo il gusto inglese, sono deliziose, e da quella d’angolo la vista può dirsi senza uguali: ai nostri piedi il mare, di fronte Capri, a destra Posillipo, sul fianco la passeggiata della Villa Reale [oggi Villa Comunale], a sinistra un vecchio Palazzo dei Gesuiti e, più lontano la costa di Sorrento fino a Capo Minerva. [...] Hamilton è un uomo di gusti universali; ha spaziato attraverso tutti i regni della creazione artistica, e finalmente è approdato al capolavoro dell’artefice sommo: una bella donna. Napoli, 27 maggio 1787 – Hamilton e la sua bella continuarono ad onorarmi della loro cordialità. M’invitarono a pranzo, e la sera Miss Harte si produsse nei suoi talenti musicali e canori. Seguendo il suggerimento del mio amico Hackert, [...] Hamilton ci condusse nella sua collezione sotterranea di oggetti d’arte e di cianfrusaglie. Vi regna un’enorme confusione: busti, torsi, vasi, bronzi, ogni sorta di addobbi decorai con agate siciliane (perfino una piccola cappella), intagli, dipinti e quant’altro gli è capitato d’accaparrarsi. Incuriosito da una unga cassa giacente a terra, ne scostai il coperchio già forzato vidi che conteneva due magnifici candelabri di bronzo. Richiamai con un cenno l’attenzione di Hackert e gli chiesi sussurrando se non gli parevano assolutamente identici a quelli di Portici. Per tutta risposta egli mi accennò di tacere: probabilmente erano finiti lì di straforo proprio dagli scavi di Pompei. [...] Attirò poi la mia attenzione una cassa posta verticalmente, aperta sul davanti, dipinta di nero all’interno e listata da una sontuosa cornice d’oro. Era abbastanza grande da contenere una figura umana in piedi, e tale era anche, come apprendemmo, la sua destinazione. Non contento di vedere la bella immagine come statua vivente, il fine intenditore d’arte e di giovinette aveva voluto goderla anche come inimitabile e stuzzicante pittura; perciò, ponendola in vesti variopinte sullo sfondo nero entro la cornice dorata, le aveva fatto imitare le antiche pitture pompeiane, nonché quelle di maestri moderni. Un tale svago sembrava appartenere a n’epoca superata; per di più lo scenario era difficile da trasportare e da illuminare a dovere, sicché non potemmo gustare lo spettacolo. Napoli, lettera posteriore al 10 luglio 1787 – Era uno spettacolo quello delle migliaia di persone che accorrevano facendo ressa con le barche per vedere da vicino i prigionieri[ovvero l’intero equipaggio di una nave turca, catturato dagli uomini di una nave cristiana],soprattutto la donna mora [anch’essa catturata insieme ad un grosso bottino di oro e mercanzia, sete, caffè ed anche un ricco scrigno di gioie]. Parecchi ammiratori che avrebbero voluto comprarla offrivano grosse somme, ma il capitano non vuol cederla. Anch’io sono andato ogni giorno a vederli; una volta trovai il cavalier Hamilton e Miss Harte, che piangeva tutta commossa. La mora la vide piangere e scoppiò anch’essa in lacrime; la Miss voleva comprarla, ma si scontrò con l’ostinato diniego del capitano. Sconcertanti osservazioni sulla natura – Rappresentava [un quadro di Tischbein], effigiando i personaggi a mezza figura, il momento in cui Oreste è riconosciuto da Ifigenia davanti all’ara sacrificale e le Furie, fin allora sue persecutrici, fuggono. Ifigenia era il ritratto somigliantissimo di Lady Hamilton, allora splendente, all’apice della sua bellezza e dei suoi successi mondani. Anche una delle Furie era nobilitata dalla somiglianza con lei, che diveniva insomma il prototipo insostituibile di tutte le eroine, muse e semidee.

Articolo su "Gazzetta Italia", Varsavia 2/2013
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Sono un appassionato di ricerche sul "Grand Tour e sulle Accademie dell'Arcadia e di San Luca nel XVIII secolo". Vivo in Italia ed in Polonia dove, di tanto in tanto, AMO VIAGGIARE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO. Chiunque, residente in uno di questi due paesi, nutra la mia stessa passione, può contattami per un incontro in cui condividere e scambiarsi esperienze, foto, opere, documentazioni raccolte a tutt'oggi e magari per concordare un'eventuale escursione, tra realtà e immaginazione, da fare insieme successivamente.



Ferdinando e Carolina, film di Lina Wertmuller
https://www.youtube.com/watch?v=HAuJbQzG5qM&list=PLVwwqgnmj71BqcnmOLbYy3ax4yZtiQlcE


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