martedì 24 maggio 2011

LETTURE: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS




"LETTURE", Pensieri Teatrali in lingua italiana, di Alberto Macchi, tratti da suoi articoli, saggi, versi, scritti tra il 1958 e oggi. Inediti.

Scena Unica: PENSIERI
Roma 2007. Lui è nella sua biblioteca, in casa, che rassetta i suoi libri.
LUI: Una domenica mattina, di quelle assolatissime e calde d’autunno lungo la ripa del Tevere, io, come succede spesso, stavo passeggiando in compagnia del mio io. Sereno guardavo quanto accadeva intorno. Improvvisamente, ispirato dalla presenza di una lucertola che al mio passare è fuggita per andarsi a rintanare dentro una fessura fra due lastre di travertino d’un muretto, ho smesso di guardare e mi sono limitato a vedere per continuare a passeggiare. E mi sono domandato: “Possibile che io stia diventando sempre più sensibile a tutto ciò che mi circonda? Sempre più vulnerabile? Se, con la vecchiaia andassi peggiorando, succederà che un giorno chiunque potrebbe minacciarmi o utilizzarmi come suo capro espiatorio. Non credo sia necessario che continui ad accollarmi la responsabilità di tutti per tutti i mali del mondo. Basta col Complesso d’Atlante! Per questo mi sembra ci sia stato già qualcuno, prima di me che, venuto da lontano, l’abbia già fatto. Questo qualcuno - Cristo! (Si da un colpo con la mano sulla fronte) …ora non mi viene il suo nome – insomma qualcuno che ad Eboli disse, ribadito poi da Caterina da Siena, “Quand’io fui circonciso, tanta carne si levò nella circoncisione quanta è una estremità d’uno anello, in segno che, come sposo, intendevo sposare l’umana generazione”. Poi ecco che è passato un gabbiano, allora immediatamente ho smesso di vedere e son tornato a guardare. Ho visto l’acqua del fiume, come d’argento, che ondeggiava al passare d’una feluca con una vela fatta di tela di sacco. Ma è successo che di nuovo ho smesso di guardare e mi sono limitato a vedere, perché mi è tornata in mente la frase “Morte non sperare di portarti via un uomo vinto, un corpo morto. Dovrai strapparmi da questa terra con tutte le tue forze… vivo!”, ovvero l’estremo grido di Caravaggio, prima di stramazzare a terra cadavere sulla spiaggia della Feniglia. A questo punto una donna che mi ricordava un po’ mia madre, che procedeva appena dietro di me, e che evidentemente aveva potuto ascoltare ogni mia parola, m’ha chiesto: “Signore, voi non state mica parlando al cellulare?” “No, Signora!” rispondo io. “Non è che allora…; non vi sentite bene?” ha aggiunto lei. “Perché, sto considerando ad alta voce, cose sulla vecchiaia e sulla morte?” mi affretto a chiedere. Ma poi davanti al suo silenzio, aggiungo: “Forse, chissà, vedete, stavo ripassando lo Spirito, come faccio quasi ogni giorno, nella speranza di migliorarlo!? Allora lei ”Badate Signore, come scrisse nel Settecento un tale Paolini, ‘Spesso per migliorare lo spirito si corrompe il cuore’. E Credo che quel buonuomo non avesse poi tutti i torti”. “Sono d’accordo con lei Signora” mi affretto a chiarire. E la donnina: “Infatti! Con certi esempi, oggi!”.


0.006 - 15.1.15

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