“STANISLAO BRZOZOWSKI" è un Dialogo Teatrale inedito, scritto da Alberto Macchi in lingua italiana, a Varsavia nell'anno 2011.
Scena Prima: NON SONO MAI STATO UN GENIO,
IN FUTURO PERO' ... CHISSA’?
Firenze 1910. Stanislao Brzozowski (1),
sepolto dai suoi libri, è nel suo studio, seduto alla scrivania.
STANISLAO: (Tra sé e sé) Prima cura,
ultima Paura? Il Dolore più grande era quello ch’io mi procuravo con la Paura.
Che poi, benché il Dolore mi portasse a evocare la Morte, io dal Dolore non
sapevo liberarmi. E mi dicevo: "Purché la Morte mi colga da vivo, di
morire non ho Paura. Però, come dice qualcuno, quando accadrà, io non vorrò
esserci. E che la Morte mi colga mentre vivo la Paura, quando cioè mi sento
protetto dall’Istinto per il Male"! Certo, mi sentirei più al sicuro
rifugiato nella Follia. Ma la Follia, quella non m’appartiene...
La Follia è una Virtù esclusiva dei geni!
La Follia, non sa distinguere tra Bene, Male, Paura..., Dolore. Io, invece,
distinguo, ah sì, se distinguo! Io analizzo, discerno, penso. Certo è: vorrò
essere sepolto a Firenze, accompagnato da una copia della Divina Commedia. Io
che, benché sposato per amore con mia moglie Antonina, benché padre felice di
mia figlia Anna Irena, benché amico di amici, oggi vivo, qui a Firenze, in uno
stato di precarietà economica totale, da sempre minato dalla tubercolosi,
lontano dalla mia Polonia, umiliato da compatrioti diffidenti e fiorentini
indifferenti. Imprigionato per la mia attività politica, fu proprio in
prigione, nel 1898, che contrassi la tubercolosi. Per questo restai ricoverato
in sanatorio per due anni. Mi recai poi a Nervi, in Italia, in Liguria, in modo
da potermi curare in un clima dall’aria balsamica per la sua vegetazione e
dall’aria piena, salmastra pel suo mare spumeggiante. E vi tornai ancora tre
anni e, di nuovo, cinque anni più tardi. Ma a Nervi accadde un fatto
sconcertante: fui avvicinato da un Membro del Partito Socialista Polacco il
quale apparentemente premuroso, per prima cosa accarezzò mia figlia, ancora
bambina. Poi mi sorrise con un’aria minacciosa e quindi scomparve. Ebbene
costui era stato inviato da Varsavia, dal PPS con il precipuo incarico di
valutare la possibilità di uccidermi, cosa che confessai allarmato al mio amico
Witold Klinger, nella mia lettera del 1909. E ancora sfuggii, per puro caso, ad
un attentato. Questa è stata, in sintesi, la mia vita esteriore: la
tubercolosi, un matrimonio, una figlia, la lontananza dalla mia Polonia in un
totale stato di povertà, io – prodotto d’una povera famiglia piccolo-borghese –
solo con me stesso, tra l’indifferenza e la diffidenza degli altri. La mia vita
interiore, invece, ve la lascio immaginare: passione per la critica, per la
filosofia, per la politica, quindi tutto un tormento. E paura, alternata a sprazzi
di coraggio. Se non avessi avuto da occuparmi dei miei scritti, che senso
avrebbe avuto la mia esistenza di marito inabile, di padre incapace, di amico
senza più un amico, di nicciano-marxista-cattolico, di uomo "Solo tra gli
uomini" “Sam wśród ludzi”?
0.011 - 15.1.15
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