domenica 29 maggio 2011

STANISLAO BRZOZOWSKI: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS



“STANISLAO BRZOZOWSKI" è un Dialogo Teatrale inedito, scritto da Alberto Macchi in lingua italiana, a Varsavia nell'anno 2011.

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Scena Prima: NON SONO MAI STATO UN GENIO, IN FUTURO PERO' ... CHISSA’?

 

Firenze 1910. Stanislao Brzozowski (1), sepolto dai suoi libri, è nel suo studio, seduto alla scrivania.

 

STANISLAO: (Tra sé e sé) Prima cura, ultima Paura? Il Dolore più grande era quello ch’io mi procuravo con la Paura. Che poi, benché il Dolore mi portasse a evocare la Morte, io dal Dolore non sapevo liberarmi. E mi dicevo: "Purché la Morte mi colga da vivo, di morire non ho Paura. Però, come dice qualcuno, quando accadrà, io non vorrò esserci. E che la Morte mi colga mentre vivo la Paura, quando cioè mi sento protetto dall’Istinto per il Male"! Certo, mi sentirei più al sicuro rifugiato nella Follia. Ma la Follia, quella non m’appartiene...

La Follia è una Virtù esclusiva dei geni! La Follia, non sa distinguere tra Bene, Male, Paura..., Dolore. Io, invece, distinguo, ah sì, se distinguo! Io analizzo, discerno, penso. Certo è: vorrò essere sepolto a Firenze, accompagnato da una copia della Divina Commedia. Io che, benché sposato per amore con mia moglie Antonina, benché padre felice di mia figlia Anna Irena, benché amico di amici, oggi vivo, qui a Firenze, in uno stato di precarietà economica totale, da sempre minato dalla tubercolosi, lontano dalla mia Polonia, umiliato da compatrioti diffidenti e fiorentini indifferenti. Imprigionato per la mia attività politica, fu proprio in prigione, nel 1898, che contrassi la tubercolosi. Per questo restai ricoverato in sanatorio per due anni. Mi recai poi a Nervi, in Italia, in Liguria, in modo da potermi curare in un clima dall’aria balsamica per la sua vegetazione e dall’aria piena, salmastra pel suo mare spumeggiante. E vi tornai ancora tre anni e, di nuovo, cinque anni più tardi. Ma a Nervi accadde un fatto sconcertante: fui avvicinato da un Membro del Partito Socialista Polacco il quale apparentemente premuroso, per prima cosa accarezzò mia figlia, ancora bambina. Poi mi sorrise con un’aria minacciosa e quindi scomparve. Ebbene costui era stato inviato da Varsavia, dal PPS con il precipuo incarico di valutare la possibilità di uccidermi, cosa che confessai allarmato al mio amico Witold Klinger, nella mia lettera del 1909. E ancora sfuggii, per puro caso, ad un attentato. Questa è stata, in sintesi, la mia vita esteriore: la tubercolosi, un matrimonio, una figlia, la lontananza dalla mia Polonia in un totale stato di povertà, io – prodotto d’una povera famiglia piccolo-borghese – solo con me stesso, tra l’indifferenza e la diffidenza degli altri. La mia vita interiore, invece, ve la lascio immaginare: passione per la critica, per la filosofia, per la politica, quindi tutto un tormento. E paura, alternata a sprazzi di coraggio. Se non avessi avuto da occuparmi dei miei scritti, che senso avrebbe avuto la mia esistenza di marito inabile, di padre incapace, di amico senza più un amico, di nicciano-marxista-cattolico, di uomo "Solo tra gli uomini" “Sam wśród ludzi”?


0.011 - 15.1.15


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