martedì 15 marzo 2011

GIULIO CESARE: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS





“GIULIO CESARE E IL FATO" è un Dialogo Teatrale, ispirato al "Giulio Cesare" di William Shakespeare, scritto in lingua italiana da Alberto Macchi a Roma nell'anno 2001. Inedito.

Ispirato al “The Life and Death of Julius Caesar” di William Shakespeare, questo testo mette in risalto la superbia di Cesare, sentimento che sovente tradisce i grandi uomini e che, in questo caso, ha condotto il nostro eroe ad una morte prematura. (Nota dell'autore)

“CAIUS JULIUS CAESAR E IL FATO”
PERSONAGGI ED INTERPRETI:
CAIO GIULIO CESARE, Imperatore Romano
CALPURNIA, sua moglie
CLEOPATRA, sua amante e concubina (VFC)
DECIO, un suo amico
ANTONIO, nipote, figlio adottivo
BRUTO, figlio adottivo
FATO, destino e oracolo (VFC)
PUBLIO, LIGORIO, METELLO, CASCA, TREBONIO, ANTONIO e CINNA, tutti compagni di Cesare (VFC)

Scena Unica “Confronto”: Anno 45 a. C.. In un ambiente irreale Giulio Cesare (1), vestito con la tunica, sta tossendo, vomita, si contorce. Sente una voce che lo invoca chiamandolo “Cesare”; sembra provenire da molto lontano. Si gira e scorge sul fondo della scena, una vaga figura d'un uomo velato, immobile: è il Fato.

FATO: ….(Continua a invocare) Cesare, Cesare, Caio Giulio Cesare! (Pausa) Cos'hai? Non vedi che ti esce la schiuma dalla bocca? Ancora il malcaduco, vero? L'effetto della tua crudeltà per il disprezzo della vita, alternata alla tua generosità per i sensi di colpa.
CESARE: (Quando si riprende) Chi è che mi parla?
FATO: Non esaudirai il tuo sogno di gloria, Cesare! Già vedo la tua daga con i fasci littori sepolti dalla polvere delle tue stesse ossa.
CESARE: Chi sei tu per parlarmi cosi? Le aquile romane con me, indomito, un giorno domineranno le terre e i mari. L'ho giurato a me stesso sin dai tempi di Silla (2); anche se c'è qualcosa che continua ancora a dominare me: questa maledetta coscienza.
FATO: Vedi? Lo sai anche tu! Fin quando l'uomo che è in te non avrà vinto la battaglia con la sua coscienza, non potrà sperare di vincere la guerra con la sua esistenza.
CESARE: Questo può valere se si riduce la mia "esistenza" esclusivamente alla mia smania di "dominio", per cui vana gloria sarebbero tutti quei titoli attribuitimi dal Senato e dal popolo di Roma; anche perché, stando a quanto m'è stato riferito dall'Oracolo (3), sarebbe scritto già che dovrò morire pugnalato per mano d'una congiura di vigliacchi.
FATO: E' stata riservata una tal sorte comune, ad ognuno di voi del Triunvirato (4).
CESARE: Ma chi sei tu che non appari come un nume e che un mortale non sei? Perché mai dovrei star qui a dialogare con l'ignoto?
FATO: Chi ti parla è il Fato (5), pur sempre l'ignoto per te. Come Caio e Pompeo, è vero, morirai nel sangue. E questo non è un cattivo presagio, ma un preciso disegno del Destino. Posso soltanto dirti di guardarti dalle idi di marzo (6)!
CESARE: Per quale sventura sarei stato condannato a tanto? Io, che sono stato…
FATO: (Interviene) …eletto Tribuno, Dittatore perpetuo, Imperatore con diritto perpetuo alla corona d'alloro, Censore, Prefetto, Potestà, Padre della patria, …dichiarato Sacro e Inviolabile per cui mi sono state innalzate statue ed altari…
CESARE: (Riprende) …volevo dire, proprio io che sono stato clemente coi nemici, che ho diminuito il potere del Senato e dei Comizi, che ho ristabilito l'ordine, e sparsi 80.000 disperati nelle Colonie, che ho superato il Reno, …che ho riformato il calendario…
FATO: Così è scritto! Neanche Juppiter (7) può salvarti dai danni procurati dalla tua sconfinata Superbia. Io sono più forte del volere degli Dei. Soltanto notti insonni e incubi, d'ora in poi ti faranno compagnia. Il male che l’uomo compie, vive oltre la sua morte, mentre il bene invece, è spesso sotterrato con le sue ossa.
CESARE: (Visibilmente scosso) Se sei veramente il Fato, allora Profezia, tua figlia, non potrebbe aiutarmi?
FATO: Lei può predire soltanto quanto è già stato stabilito per il tuo futuro. Oh, non temere! Nel definire il tuo futuro s'è tenuto conto di tutto il tuo passato. Ci sono, infatti, ritornate alla mente le tue parole: "Alea jacta est!", "Il dato è tratto!", sul Rubicone o "Veni, vidi, vici!", "Venni,
vidi, vinsi!" alla battaglia di Zela contro Farnace Re del Ponto… E terremo conto ancora di quanto dirai. La tua Superbia che ti ha condotto fin sull’Ara, è lei che ti immolerà e la sua fiamma votiva brucerà assieme al corpo tuo fino a ridurti in polvere. (Scompare)
CALPURNIA: (Entrando spedita) Salve, Cesare!
CESARE: Buon giorno Calpurnia, moglie mia. Cosa c'è stamane, che irrompi nella mia dimora in questa maniera?
CALPURNIA: Sono terrorizzata. Né il cielo né la terra hanno avuto requie questa notte. Per ben tre volte nel sonno ho gridato “Aiuto, uccidono Cesare!” E la mia sofferenza ora è più grande di quella che ho provato quando mi confessaste di nutrire ancora un amore insostituibile per Cornelia (8) la vostra prima sposa o quando mi rivelaste la vostra passione viscerale per Cleopatra (9), l’attuale vostra amante e concubina.
CESARE: Ora anche tu vuoi angosciare Cesare con le profezie? Oggi sembra che tutto e tutti complottino contro di me. Adesso ci mancherebbe che anche i sacerdoti, ai quali ho già inviato loro un animale da sacrificare, venissero ad augurarmi cattivi vaticinii.
CALPURNIA: Perché Cleopatra tace?
CLEOPATRA (VFC): Perché io so rispettare la volontà di Cesare!
CESARE: (Non ha udito la voce di Cleopatra)
CALPURNIA: (Si guarda intorno sorpresa per aver udito la voce di Cleopatra. Poi con determinazione) Una concubina a volte è più ascoltata di una sposa. Perché lei non interviene a salvarvi?
CLEOPATRA (VFC): Perché nessuno deve interferire nelle decisioni di Cesare! Piuttosto che interferire me vado con nostro figlio Cesarione (10) in qualche Villa del Suburbio o a bere da sola dell’ottimo vino.
CALPURNIA: (Non ha udito la voce di Cleopatra)
CESARE: (Si guarda intorno sorpreso per aver udito la voce di Cleopatra. Poi, quasi tra sé e sé) Cleopatra sta ancora riposando nelle sue stanze ed io di certo non andrò a disturbare il suo sonno per angosciarla con questi tuoi assurdi timori. L’ho lasciata che dormiva con in volto un’espressione serena, come stesse a sorridere. Era bellissima e dolcissima, quando stamane sono andato, come ogni giorno, a baciare quelle sue labbra delicate e profumate. E Cesarione, nostro figlio, che un giorno sarà il primo Re d’Egitto di sangue romano, anch’egli sta riposando tranquillo. Soltanto tu sei turbata. E non credo che i tuoi turbamenti derivino da cattivi presagi, ma credo siano esplosioni di rabbia, di collera, di gelosia, di invidia, tutti sentimenti nefasti, di donna, che quest’oggi ti rodono dentro e ti consumano.
CALPURNIA: Allora, cosa intendete fare Cesare? Pensereste di uscire?
CESARE: Certo! E Cesare è stanco di star ad ascoltare le tue parole.
CALPURNIA: No, non uscite; vi prego, oggi non uscite! All’alba sono già passata dagli Auguri, e questi vorrebbero anche loro che voi oggi non usciste.
CESARE: Invece Cesare uscirà! Gli agguati che mi minacciano, per potenti che siano, non potranno mai sostenere il mio sguardo. Anche stavolta, come sempre, all’apparire di Cesare essi si dilegueranno.
CALPURNIA: Cesare, io non ho mai prestato troppa fede ai presagi, ma adesso questi mi terrorizzano.
CESARE: I presagi possono atterrire una donna, invece ad un uomo lo mettono semplicemente in guardia.
CALPURNIA: Ma la gravità dei pericoli che incombono sulla tua persona in questo momento è nella denuncia delle tue guardie. E, senza far cenno di quanto strano abbiano udito e veduto, un uomo che abita qui narra prodigi ancora più orribili di quelli che le tue guardie attestano. Una leonessa si sgravò dei suoi piccoli in mezzo alla via; le tombe si dischiusero e resero i cadaveri alla terra; tremendi guerrieri ricoperti di ferro si videro a combattere in ordinata battaglia fra le nubi, mentre il sangue dei morti e dei feriti cadeva sul Campidoglio; l’aria rintronava nello strepitio della zuffa, del nitrir dei cavalli, del gemito dei moribondi. E gli spettri ululavano pietosi gridi per le strade. Oh Cesare, questi prodigi sono inauditi ed io li temo.
CESARE: Quale vicissitudine si può evitare, che decretata sia già dagli onnipotenti Dei? Cesare uscirà poiché tali fenomeni credo riguardino tutti gli esseri viventi e non soltanto Cesare.
CALPURNIA: Non è certo per la morte dei mendichi che le comete si mostrano!
CESARE: Gli Dei hanno inteso svergognare la codardia: Cesare sarebbe senza cuore, come un animale, se per paura s’inducesse a non lasciare la sua dimora. Il Pericolo sa bene che Cesare è più pericoloso di lui. Siamo due leoni gemelli, ma io venni prima alla luce e sono il più terribile. Cesare uscirà!
CALPURNIA: Vi supplico. Siate codardo per una volta!
CESARE: I codardi muoiono molte volte prima di morire, mentre i coraggiosi incontrano la morte una volta sola. Di tutte le cose meravigliose di cui io udissi parlare, la più particolare per me è quella che l'uomo possa sentire tanto terrore della morte pur sapendo ch'essa è una fine necessaria a cui ad ora prefissa si deve inevitabilmente giungere. (Pausa) Quando stamane sei andata al tempio che cosa hanno detto gli auguri ancora?
CALPURNIA: I sacerdoti, scrutando le viscere della vittima che voi avete inviato loro, non hanno rinvenuto il cuore.
CESARE: Basta! Cesare uscirà!
CALPURNIA Ahimè, mio Signore, la vostra prudenza è corrotta da un eccesso di sicurezza. Non uscite oggi! Dite che i miei timori, non i vostri, vi hanno trattenuto. Manderemo Marco Antonio al Senato ed egli dichiarerà che voi oggi siete infermo. (Si inginocchia ai piedi di Cesare) Ve ne supplico: concedetemi quanto chiedo.
CESARE: (Una lunga pausa) Marco Antonio dirà che sono infermo: per accontentarti resterò fra le pareti domestiche. (Entra Decio Bruto) Ecco Decio Bruto; recherà egli l’ambasciata.
DECIO: (Rivolge un cenno di saluto a Calpurnia)
CALPURNIA: (Risponde a Decio Bruto abbozzando un mezzo sorriso)
DECIO: (Rivolto a Cesare) Salute, Cesare! Salve, glorioso Cesare! Vengo per accompagnarti al Senato.
CESARE: Invece giungi in buon tempo onde recare il mio omaggio ai Senatori e dir loro che oggi non andrò; ch’io nol possa è menzogna, ch’io non l’osi, menzogna anche maggiore; non ho voglia di andare oggi; questo dirai loro, Decio.
CALPURNIA: Dite ch’egli è infermo.
CESARE: Dovrà Cesare mentire? Distesi io così lontano il mio braccio nelle battaglie per dover poi temere di dire la verità a delle barbe canute? Decio, va e di’ che Cesare non vuole uscire.
DECIO: Potentissimo Cesare, ch’io sappia il motivo di ciò per non essere deriso annunziando tale novella.
CESARE: La cagione è il voler mio: non desidero uscire; ciò basti per appagare il Senato. Ma per appagar te personalmente, dato che ti amo, dirò di più. Calpurnia, la mia sposa, è colei che mi trattiene in casa; ella, tra le altre cose, sogna da alcune notti che la mia statua, come una fontana, versa da cento fori un sangue puro, intanto che molti baldi Romani vengono ridendo e tuffano in esso le mani. Questi, ella reputa presagi e avvertimenti di vicini mali e genuflessa, or ora, mi supplicava di rimanere fra queste mura.
DECIO: Il sogno però è interamente ad errore interpretato: tale visione è bella e propizia. La tua statua versante sangue da molti fori in cui tanti Romani sorridenti si tuffano, sta a significare che da te la grande Roma attingerà un sangue novello che la ringiovanirà e che i grandi uomini si accalcheranno intorno a te per avere un’infusione, una reliquia, un segno. Ecco a che accenna il sogno della tua sposa…
CESARE: … che in tal modo tu hai a dovere spiegato.
DECIO: Sì e più lo crederai dopo quello che ho da dirti ancora. Sappi dunque che il Senato ha deciso di dar oggi la corona al potente Cesare. Se mandi la novella che non uscirai, la loro mente può mutare. Inoltre potrebbe essere facile per qualcuno scherzare dicendo: “Sciogliete il Senato fino al giorno in cui la sposa di Cesare abbia avuto sogni migliori”. Se Cesare si nasconde avranno essi ragione di gridare: “Vedete, Cesare trema!” Perdonami Cesare, se il grande, grande affetto che ti porto mi spinge a parlarti così; ma la ragione deve far posto all’affetto.
CESARE: (Rivolto a Calpurnia) Inutili appaiono ora i tuoi timori, Calpurnia! Arrossisco di avere ad essi ceduto. Datemi il manto, andrò.
CALPURNIA: (Si gira ed esce senza salutare)
DECIO: (Saluta Cesare con un gesto ed esce)
CESARE: (Guarda verso l'alto. E per ristabilire il contatto con il Fato…) Scusami, amato Fato! E tu Destino, amico mio, dove siete? Fato, non mi hai abbandonato, vero? So che non posso vederti chiaramente, ma almeno fa sì ch'io possa continuare a consultarti. Dammi un cenno della tua presenza. Non so come potrei reagire se sapessi che anche tu, Destino, non esistessi più per me. E poi proprio in un momento tremendo come questo in cui la paura sta cominciando a divorarmi. Hai sentito anche tu i cattivi presagi della mia sposa Calpurnia e quelli degli Auguri. E poi, anche se non l'ho mai confessato a nessuno e forse l'ho taciuto anche a me stesso, è già da qualche giorno che nella mente mi assalgono pensieri di morte. Io che non ho mai provato la paura, adesso mi trovo addirittura a vivere al cospetto del terrore. (Pausa) Benché, devo dirti, malgrado tutto ciò, già nel profondo avverto una forza, qualcosa che mi istilla coraggio, senso di sfida. (Quasi gridando) Sono sempre Cesare io, non dimenticarlo! Incrollabile, irremovibile, unico. Sono come l'astro del Nord che per la sua immobilità non ha chi lo rassomiglia nel firmamento. I cieli sono cosparsi di stelle infinite, tutte sono di fuoco e tutte sfavillano. Ma fra di esse non ve n'è che una che conservi eternamente il suo posto. Così accade al mondo; esso è popolato d'uomini e gli uomini sono composti di carne e sangue e d'intelletto, ma fra essi ve n'è uno solo che sa, immutabile e fermo, conservare costantemente le sue posizioni. Ebbene quest'uomo sono io. E te lo dimostro subito: volli l'esilio di Cimbro? L'ho confermato!… Ma tu, perché ora vuoi condannarmi a questo penoso soliloquio?… Allora, se ci sei ancora, perché non mi dai un segno della tua presenza?
FATO: (S'ode la voce) Son qui. (Appare, sempre in una figura confusa) Dimmi pure…
CESARE: Scusami per l'interferenza della mia sposa Calpurnia e del mio amico Decio. Noi due, se ben ricordo, abbiamo interrotto il nostro colloquio proprio quando tu mi stavi dicendo che nel procedere nei miei confronti, terrete conto ancora di quanto dirò. E che cosa dirò io?
FATO: "Quoque tu, Brute fili mi!", "Anche tu , Bruto, figlio mio!"
CESARE: Adesso che c'entra Bruto, mio figlio adottivo?
FATO: Centra come centra tuo nipote, Ottaviano, l'altro personaggio, anch'egli adottato da te come un figlio. Anche costui verrà ad usufruire di tutti quei benefici che scaturiranno dalla tua morte.
CESARE: Continuo a non capire.
FATO: Questo non mi stupisce. Voi mortali, a malapena, comprendete il vostro presente e il vostro passato, figuriamoci se potete capire il vostro futuro! Il tempo, che vi protegge e vi perseguita attimo per attimo, con cui convivete dalla nascita alla morte, per voi resta un perfetto sconosciuto. Tu stesso, che hai osato sfidare il tempo modificando il calendario, non sei affatto consapevole, ad esempio, d'andare verso l'anno zero. Tu hai amato tante donne nella tua vita, eppure non hai ancora capito che il tempo moltiplica la passione d'una donna romana, mentre invece uccide quella d'una bretone.
CESARE: Contrariamente a quanto dici, io posso capire benissimo certe cose, perché io sono passionale e sanguigno, … un uomo geloso, sì, profondamente geloso quando amo.
FATO: Anche il vanitoso è geloso, … per amor proprio, come il libertino, per abitudine o come colui che ama con sincerità, ché reclama i suoi diritti.
CESARE: Adesso basta! Io non ho nulla da rimproverarmi. Sono un uomo forte che ha sfidato il mondo e che sfida il Cielo. Se vuoi continuare a dialogare con me proponiti a viso scoperto! Ne ho abbastanza di dei, numi, spiriti, spiritelli e fantasmi presuntuosi.
FATO: Quante volte ti sarai detto "Che peccato che non sia un peccato?! Così non c'è piacere!” L'esistenza degli Dei del Cielo invece è stata determinante per te! Non avresti fatto quello che hai fatto se non fosse stato così. T’è parso poco sfidare il Cielo e credere che in quello stesso momento quel Cielo avrebbe potuto ridurti in polvere!
CESARE: Ma perché, Fato, hai deciso di farmi impazzire prima di spedirmi nell'Ade? Sei così umano, che vuoi rendermi la morte meno crudele …, indolore?
FATO: Forse.
CESARE: Se puoi tanto, allora, perché non vai oltre con le tue profezie?
FATO: Io non sono un profeta, Cesare, io, mia figlia Sorte e mio figlio Destino siamo il futuro dell'umanità, ciò che è stato detto. In me, poi, è condensato il passato, il presente, il futuro di voi uomini. Di tutti voi uomini. Io sono l'eternità o, se preferisci, un attimo dell'eternità, mentre voi tutti un giorno scomparirete perché la vostra terra, come un tempo si compose, un altro tempo si disperderà. Tutto nell’universo è impermanente e perituro.
CESARE: Per quanto riguarda me, i tuoi poteri si esauriscono qui, allora!?
FATO: So che mi stai provocando. Ma, va bene. A me piace competere con gli uomini potenti. Anche se questo tuo confronto con me, altro non è che un giuoco, il quale ti porterà inevitabilmente alla presa di coscienza, in fondo, della tua nullità; quella che è poi di tutto il genere umano. Sì, perché l'uomo, sappilo, è un aborto della natura. Gli uomini infatti non sono, per loro origine, esseri armoniosi, perfettamente integrati con l’universo e neppure sono sociali come le piante o gli animali. Essi sono esseri aggregati, con tutti i problemi che può comportare una innaturale aggregazione. Ma, veniamo a noi due! Vediamo! Cosa significano per te, che sei considerato da tutti il "Pater Patriae", parole come: Cristo, Maometto, Dante, Michelangelo, Galileo, Napoleone, Einstein, Stalin o Hitler? Oppure: Santa Inquisizione, Scoperta dell'America, Conquista della Luna, Crollo del Muro di Berlino e Distruzione delle Torri gemelle?
CESERE: Non saprei.
FATO: vedi!
CESARE: Io conosco Juppiter, Buddah, i Faraoni, i Barbari, fino all’l'Impero di Roma che dominerà il mondo.
FATO: Il mondo? (Ride sguaiato), … il mondo! (Riprende a ridere mentre la sua figura si dissolve)
CESARE: (Gridando) Fato, Destino mio caro o chi tu sia, … vedi, sei scomparso di nuovo. Chissà, forse sei tu che temi me; non io te! (Alza le braccia al cielo) Questa mia Roma, questa città eterna, che con le sue legioni stanziate in Boemia e in Pomerania, ha inviato osservatori fin sul Baltico, alle foci della Vistola, attraverso la via dell'ambra, la preziosa pietra lavorata poi ad Aquileia e fino ai monti di marmo bruno dove quei popoli fondono il ferro di quelle miniere, nei giganteschi forni dymarki, per produrre armi per i nostri soldati. Roma, potenza che s'estende ancora fino in Africa, in Asia, in Iberia e in Britannia. Roma, città di Romolo e Remo, figli del Dio Marte e di Rea Silvia, salvati miracolosamente dalle acque del Tevere, allattati da una lupa, cresciuti dal contadino Faustolo; con Romolo, legittimo fondatore di questa "caput mundi", adorato, dopo la sua morte, come Dio Quirino. Questa Roma, col suo popolo che discende dalla stirpe di Dardano, colui che fondò Troia in onore di suo nipote Troo e che discende, ancora, dalla stirpe di Ganimede, suo primo re, di Enea poi, figlio di Venere, di Proca Re d'Albalonga…(mentre esce di scena)…. Città di noi romani, cugini di Paride, di Ettore, di Achille, di Sofocle, di Platone… di Agamennone, pertanto. (S'odono dall'esterno le voci dei suoi compagni che vengono a prenderlo per andare tutti insieme al Senato. Sono Publio, Bruto, Ligario, Metello, Casca, Trebonio, Antonio e Cinna)
CESARE: (Affacciandosi ad una finestra) Publio, Bruto, Casca, Trebonio e Cinna, siete venuti tutti qui sotto casa ad aspettarmi per scortarmi fino al Senato? (Raccoglie le sue cose) Aspettate che arrivo. Vi ringrazio per la vostra premura.
ANTONIO: (S'ode la voce fuori campo) Cesare, ci sono anch'io, Antonio, che in onta alle mie lunghe gozzoviglie notturne, son riuscito egualmente a rimettermi in piedi. Ligorio e Metello, loro si sono già incamminati in direzione del Senato.
CESARE: Buon giorno, Antonio. (Mentre raccoglie le sue ultime cose) Vi farei entrare tutti in casa a bere una coppa di vino con me…, che poi come degli amici, potremmo andar via tutti insieme, però credo che ora non sia opportuno…
BRUTO: Come degli amici, hai detto?
CESARE: Certo, simili ad amici.
BRUTO: Quel ch'è simile, non è uguale alla cosa a cui è simile, o Cesare! (Falso e tormentato come Giuda) Il cuore di Bruto soffre al pensiero che "sembrare" non è come "essere".
CESARE: E già! È proprio vero, Bruto. Sembrare non è come essere! (Esce e tra se e se) Ora vedo chiaramente quello che ho provato davanti alla tomba di Alessandro il Macedone.
FATO: È vero si vedono laggiù, sotto le macerie d'una superba epoca scomparsa, laggiù, fra la polvere, si vedono sepolte le daghe, le aquile, i fasci littori, insomma tutti quei segni del potere davanti al quale gli stati potenti hanno tremato e i più fieri sovrani hanno dovuto inchinarsi.
SIPARIO
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NOTE:
(1) CAIUS JULIUS CAESAR (Roma 13/7/100 - Roma 15/3/ 44 a.C.) o CAIO GIULIO CESARE, nasce dalla famiglia nobilissima GIULIA. Nell’83 sposa CORNELIA la figlia di LUCIO CORNELIO CINNA rifiutandosi di ripudiarla per imposizione di SILLA. Finisce gli studi letterari, oratori e giuridici. Va in Asia a fare le prime prove nelle armi. A Babilonia visita la tomba di ALESSANDRO MAGNO. Nell’80 scrive il poema "Lodi di Ercole", la tragedia "Edipo" e "Commentari della Guerra Civile". Nel 78 torna a Roma e si fa notare come oratore nella vita pubblica pronunciando le sue prime orazioni, una contro DOLABELLA, un'altra funebre per la morte di GIULIA, moglie di MARIO. Nel 70 muore Cornelia sua moglie ed egli in questa occasione pronuncia la sua seconda orazione funebre. Raccoglie tutti i suoi sermoni pronunciati negli ultimi due anni nell'opera "Orazioni". Nel 68 è Questore in Spagna. Appoggia CATILINA in un primo tempo. Nel 65 è Edile Curale. Nel 63 è Pontefix Maximus. Nel 62 è Pretore. Nel 60 diviene Propretore in Spagna. Poi nel 59 è Console a Roma. Costituisce il Primo Triunvirato con POMPEO GNEO MAGNO e MARCO LICINIO CRASSO. Nel 58 ottiene il governo dell'Illirico e della Gallia Cisalpina e Transalpina. Come Proconsole, conquista le Gallie vincendo gli Elvezi, i Galli, i Belgi, i Visigoti, i Teuteri, i Germani, i Britanni. Scrive "Commentari delle Guerre Galliche". Nel 53 Marco Licinio Crasso viene decapitato, da alcuni suoi traditori, dopo la sconfitta contro i Parti. Nel 51 CLEOPATRA sale al tono d’Egitto assieme con suo fratello TOLOMEO XIII. Nel 49 il Senato, istigato da POMPEO, gli intima di sciogliere il suo esercito. Egli invece passa il fiume Rubicone (alea jacta est!) e marcia su Roma. POMPEO allora fugge a Durazzo e in Grecia così egli entra a Roma come trionfatore. Nel 48 viene eletto Console e sconfigge definitivamente POMPEO a Farsalo. Va in Egitto e lì si innamora di CLEOPATRA. POMPEO si rifugia a Mitilene e poi in Egitto, ma viene rintracciato e ucciso. Nel 47 vince le Campagne contro TOLOMEO ad Alessandria d’Egitto, contro FARNACE, Re del Ponto e a Zela in Asia. (Veni, vidi, vici). ha un figlio da CLEOPATRA: CESARIONE. Nel 46 vince ancora contro GIUBA, Re di Numidia, in Africa. Viene allora a Roma con CLEOPATRA. Nel 45 scofigge POMPEO a Tapso e a Munda in Spagna. Tornato a Roma trova una città orgogliosa di lui che gli ha tributato i titoli di: Dittatore perpetuo, Imperatore con diritto perpetuo alla corona d'alloro, Tribuno, Censore, Prefetto, Potestà, Padre della patria. Viene dichiarato Sacro e Inviolabile per cui gli sono state innalzate statue e altari. Egli è clemente coi nemici, diminuisce il potere del Senato e dei comizi. Ristabilisce l'ordine e sparge 80.000 poveri nelle colonie. Riforma il Calendario. Prepare una spedizione contro i Parti con lo spirito di chi vuole un'espansione universale e democratica di Roma; questo gli procura nemici tra i Patrizi che vogliono invece una espansione esclusiva e dittatoriale. A Roma vive con la sua nuova moglie CALPURNIA e contemporaneamente con CLEOPATRA. Il 15 marzo del 44 muore a Roma ucciso, con 23 pugnalate, da una congiura, sotto la statua di Pompeo, tra i congiurati c'è Bruto, suo figlio adottivo. I funerali sono solenni, il Senato gli tributa onori divini. Cesare lascia erede suo pronipote Ottavio (che come Bruto aveva adottato come un figlio). CLEOPATRA torna in Egitto dove governa con suo figlio Cesarione che assume il nome di Tolomeo XV.
(2) LUCIO CORNELIO SILLA (138 a. C. – 78 a. C.), politico romano.
(3) L’Oracolo era l’intermediario tra il richiedente e il Dio, ma l’Oracolo era anche il responso del Dio oppure il luogo dove avveniva la cerimonia della richiesta. Tra gli Oracoli più celebri in Grecia ricordiamo quello di ZEUS a Dodona, quello di APOLLO a Deli, quello di TIRESIA a Orcomeno. In Italia l’Oracolo della SIBILLA a Cuma e l’Oracolo della FORTUNA a Preneste e ad Anzio.
(4) Il primo Triunvirato, nel 60 a. C., era composto da CESARE, POMPEO e CRASSO; il secondo, nel 43 a. C., da OTTAVIANO, ANTONIO e LEPIDO.
(5) FATO da “Fari”, ovvero dire ciò che è stato detto. Corrisponde al Destino, alla Sorte, alla Provvidenza e alla Predestinazione.
(6) “Idi di marzo” nel calendario romano questa definizione corrisponde al 15 marzo.
(7) GIOVE, Re degli Dei, JUPPITER per i Latini, ZEUS per i Greci, KARNAK per gli Egizi, TINIA per gli Etruschi.
(8) CORNELIA, figlia di LUCIO CORNELIO CINNA, è la prima moglie di GIULIO CESARE dall’83 al 78 a. C.. Successivamente CESARE sposerà CALPURNIA.
(9) CLEOPATRA VII (Egitto 68 a. C. – Alessandria 30 a. C.) Figlia di TOLOMEO AULETE. Dal 51 a. C. fu Regina dell’Egitto insieme a suo fratello TOLOMEO XIII. Dalla sua unione con CESARE è nato CESARIONE.
(10) Dalla unione di CLEOPATRA con CESARE è nato un figlio: CESARIONE.

BIBLIOGRAFIA:
"Il Patrimonio Archeologico nella IX Circoscrizione" a cura di M. L. Sementilli, Roma 1988
"Il Vino di Roma" di L. Devoti, Newton, Roma 1996
"Le Osterie Romane" diL. De Santis e F. Del Canuto, Newton, Roma 1997
"Circhi e Stadi di Roma Antica" di L. devoti, Newton, Roma 1997
"Gli Acquedotti di Roma Antica" di R. A. Staccioli, Newton, Roma 1996
"Questa è Roma" di A. Ravaglioli, Newton, Roma 1994
"La Via Appia" di r. A. staccioli, Newton, Roma 1998
"Guida alla Caffarella" di P. Cosimi, Roma 1996

CRONOLOGIA:
-100 Caio GiulioCesare nasce il 13 luglio a Roma dalla famiglia nobilissima Giulia.
-101 …
-102 …
-103 …
-104 …
-105 …
-106 Il 3 maggio Marco Tullio Cicerone nasce ad Arpino
-088 Silla vince con Caio Mario gli Italici insorti per la I° Guerra Civile.
-086 Muore Caio Mario, zio di Cesare, a Roma dopo essere stato nominato Console per la settima volta.
-083 Cesare sposa la figlia di L. Cornelio Cinna rifiutandosi di ripudiarla per imposizione di Silla.
-082 Silla vince i Sanniti alle porte di Roma.
-081 Silla prende il governo di Roma.
-080 Cesare scrive il poema "Lodi di Ercole", la tragedia "Edipo" e "Commentari della Guerra Civile".
Cesare finisce gli studi letterari, oratori e giuridici.
Cesare va in Asia a fare le prime prove nelle armi.
-079 Muore a Roma Lucio Cornelio Silla.
-078 Cesare torna a Roma e si fa notare come Oratore nella vita pubblica pronunciando le sue prime orazioni, una contro Dolabella, un'altra funebre per la morte di Giulia moglie di Mario.
-070 Muore Cornelia moglie di Cesare. In questa occasione Cesare pronuncia la sua seconda orazione funebre. Raccoglie tutti i suoi sermoni pronunciati negli ultimi due anni nell'opera "Orazioni".
-068 Cesare è questore in Spagna. Appoggia Catilina in un primo tempo.
-065 Cesare è Edile Curale a Roma.
-063 Cesare è Pontefix Maximus a Roma.
-062 Cesare è pretore a Roma.
-060 Si costituisce il primo Triunvirato composto da Cesare, Pompeo e Crasso.
Cesare è Propretore in Spagna.
-059 Cesare è Console.
Cesare costituisce il Primo Triunvirato con Pompeo Gneo (Magno) e Marco Licinio Crasso.
-058 Cesare ottiene il governo dell'Illirico e della Gallia Cisalpina e Transalpina
Cesare, come proconsole, conquista le Gallie vincendo gli Elvezi, i Galli, i Belgi, i Visigoti, i Teuteri, i Germani, i Britanni. Scrive "Commentari delle Guerre Galliche"
-053 Marco Licinio Crasso viene decapitato, da alcuni suoi traditori, dopo la sconfitta contro i Parti.
-051 Cleopatra sale al tono d’Egitto assieme con suo fratello Tolomeo XIII.
-049 Il Senato, istigato da Pompeo, intima a Cesare, dichiarato nemico pubblico, di sciogliere il suo esercito. Egli invece passa il fiume Rubicone (alea jacta est!) e marcia su Roma. Pompeo fugge a Durazzo e in Grecia così egli entra a Roma come trionfatore.
-048 Cesare è eletto Console sconfigge definitivamente Pompeo a Farsalo.
Cesare in Egitto si innamora di Cleopatra.
Pompeo, dopo la battaglia di Farsalo, si rifugia a Mitilene e poi in Egitto, ma viene rintracciato e ucciso.
-047 Campagne vittoriose di Cesare contro Tolomeo ad Alessandria i Egitto, contro Farnace, Re del Ponto, a Zela in Asia. (Veni, vidi, vici)
Cesare ha un figlio da Cleopatra: Cesarione.
-046 Campagna vittoriosa di Cesare contro Giuba, Re di Numidia, in Africa.
Cleopatra segue Cesare a Roma.
-045 Campagna vittoriosa di Cesare contro l'esercito di Pompeo, a Tapso e a Munda in Spagna.
Cesare tornato a Roma trova una città orgogliosa di lui che gli ha tributato i titoli di: Dittatore perpetuo, Imperatore con diritto perpetuo alla corona d'alloro, Tribuno, Censore, Prefetto, Potestà, Padre della patria. Viene dichiarato Sacro e Inviolabile per cui gli sono state innalzate statue e altari. Egli è clemente coi nemici, diminuisce il potere del Senato e dei comizi. Ristabilisce l'ordine e sparge 80.000 poveri nelle colonie. Riforma il Calendario. Prepare una spedizione contro i Parti con lo spirito di chi vuole un'espansione universale e democratica di Roma; questo gli procura nemici tra i Patrizi che vogliono invece una espansione esclusiva e dittatoriale.
A Roma Cesare vive con sua moglie Calpurnia e con Cleopatra.
-044 Giulio Cesare il 15 marzo muore a Roma ucciso, con 23 pugnalate, da una congiura, sotto la statua di Pompeo, tra i congiurati c'è Bruto, suo figlio adottivo. I funerali sono solenni, il Senato gli tributa onori divini. Cesare lascia erede suo pronipote Ottavio (che come Bruto aveva adottato come un figlio).
Cleopatra torna in Egitto dove governa con suo figlio Cesarione che assume il nome di Tolomeo XV.
Il 7 dicembre muore Marco Tullio Cicerone a Formia.
-043 Si costituisce il secondo , nel 43 a. C., da Ottaviano, Antonio e Lepido.
-040 Cleopatra si innamora di Antonio.
-037 Cleopatra sposa Antonio ad Antiochia.
-031 Cleopatra, sconfitta ad Azio dai Romani guidati da Ottaviano, si rifugia ad Alessandria.
-030 Antonio si suicida e subito dopo anche Cleopatra.


Giulio Cesare visita la tomba di Alessandro", incisione del XIX secolo

LINK FILM E DOCUMENTARI RELATIVI ALLA FIGURA DI GIULIO CESARE O AL SUO TEMPO:


"Antica Roma", documentario
http://www.youtube.com/user/INTEROCITORE#p/c/0/uBN72uGPG0o



0.177 - 15.1.15

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