venerdì 11 marzo 2011

MARGHERITA DELLA METOLA: TESTO TEATRALE, RAPPRESENTAZIONI, WORK-IN-PROGRESS



“MARGHERITA DELLA METOLA" è un Dramma Teatrale, in lingua italiana scritto da Alberto Macchi a Roma nell'anno 2000. Inedito.

Questa biografia particolare l’ho scritta su espressa richiesta di Padre Innocenzo Venchi O.P., il quale, da sempre, considera Margherita de la Metola una tra le più interessanti figure del mondo religioso domenicano. Grazie alle mie ricerche, ma soprattutto al materiale documentario e fotografico che egli mi ha fornito e messo a disposizione, oggi ho potuto portare a termine questa complessa opera teatrale ricolma di messaggi cristiani. Ora non resta che portarla sulla scena, di modo che questa beata possa raggiungere con la sua infinita carità tutti quei cuori bisognosi d’amore. (Nota dell'autore)

DALL'IDEA, ALLA STESURA DEL TESTO ALLE RAPPRESENTAZIONI:

Anno 1999
- P. Innocenzo Venchi, Postulatore Generale dei Domenicani, nella Basilica di Santa Sabina a Roma invita Alberto Macchi a scrivere un testo teatrale sulla vita della Beata Domenicana Margherita della Metola e gli fornisce la documentazione necessaria.
Macchi si procura libri e fa ulteriori ricerche.
Anno 2000
- E' pronto il testo definitivo, corredato di incisioni, di note e di un'abbondante bibliografia.
Anno 2009

- Il testo viene utilizzato dallo stesso Macchi per una Lettura Drammatizzata al Teatro "Enrico Marconi" di Varsavia, rivolta agli allievi del Laboratorio Teatrale Permanente.

(Breve parte del Testo Teatrale, regolarmente registrato alla S.I.A.E. di Roma. Chiunque desiderasse metterlo in scena - facendone opportuna richiesta a teatrosztuka@libero.it - riceverà per e-mail l'altra parte mancante del testo)

Scena Seconda: RINGRAZIAMENTO
Anno 1310. Convento di San Domenico a Città di Castello. Margherita, accolta ormai da tempo nell'Ordine delle Terziarie, è in ginocchio davanti al Crocifisso.
MARGHERITA: Grazie a Te o Signore! È per intercessione di San Domenico se mi trovo qui ospite nella Tua casa, in questo sacro convento. Ma una grazia Ti chiedo ancora: "Dona la forza di sopportare l'orribile segreto a cui, immagino, siano condannati i miei veri genitori, i Signori del Castello della Metola, che nessuno ha mai sospettato. Tu sai bene, Signore Iddio, che tutti in città credono ch'io sia figlia di poveri contadini d'una famiglia tifernate della zona di Monte a Mercatello. Angelo di Dio, ti prego, di notte vola nei loro sogni e rassicurali! Dì loro che sto bene e che non sono mai sola, giacché con me c'è sempre Gesù. È stato così caritatevole con me, Lui! Mi ha accolto senza alcun imbarazzo, malgrado le mie evidenti malformazioni fisiche. Quante povere donne senza dote, magari benfatte, finiscono rinchiuse nelle tristi Corti delle Beghine? Io, invece, vivo in questo convento di tutto rispetto, dove ho potuto pronunciare i voti perpetui ed indossare l'abito da Terziaria. E quelle povere donne che non possono accedere neanche alle Corti delle Beghine e che, per sopravvivere, devono elemosinare protezione e cibo come "sottoposte" presso qualche famiglia profittatrice? E poi ci sono tutte quelle anime ancora in attesa di nascere! Io so bene quante anime spasimano di venire a questo mondo! Lo so perché a me è stata concessa dal Signore la facoltà di ricordare prima della nascita e di conoscere già oggi quel che sarà dopo la morte. Sono una infinità, queste anime impure, bramose di venirsi a purificare, su questa terra, attraverso il battesimo; costituiscono una coda interminabile che dura da sempre, una schiera infinita che, pur d'avere un corpo e venire qui tra noi, tra questa natura meravigliosa, a godere di questo prezioso dono che è la vita, sarebbero disposte ad assumere anche un corpo molto più martoriato del mio. Spirito Celeste, dì pure a mio padre e a mia madre di stare tranquilli; di non starsi a preoccupare se sono cieca, perché i miei occhi non sono spenti, anzi sono speciali, possono vedere oltre. E dì loro, che sto vivendo nella Grazia di Dio. Poi, che addirittura posso essere d'aiuto agli altri. Molto spesso, infatti, mi capita sia di preoccuparmi che di occuparmi degli altri: dei poveri, dei carcerati, dei malati. Quindi non sono mai sola. Perfino durante il sonno mi trovo in compagnia, protetta; tant'è che, anche se dormo sulla croce di Cristo, non provo alcun dolore. Egli che ha già sofferto anche per me, ora, col suo spirito, giace accanto a me. E che sappiano, ancora, i miei genitori, che a questo mondo il nostro corpo, altro non è, che un guscio. Ciò che vale davvero, è l'anima in esso costretta. Quell'anima, senza forma e senza immagine, che col battesimo viene purificata e che in origine è uguale in tutti noi. Quindi dì loro che questa conservino sana, soprattutto. Non credano che il suo involucro sia il suo specchio! Esso è soltanto un guscio perituro, più o meno gradevole a vedersi, comunque destinato poi a dissolversi. Io Ti ringrazio, Signore, Signore di tutte le genti, che m'hai costruito una Famiglia Sacra all'interno del cuore, Ti ringrazio, perché m'appari nell'Ostia Consacrata, proprio a me, cieca, durante la Santa Messa. Grazie ancora d'avermi fatto incontrare San Domenico perché mi conducesse a Te. E grazie, infine, che esaudisci i miei desideri, assistendo i carcerati, guarendo gli infermi, ridonando la vista ai ciechi, resuscitando i morti.
Scena Terza: PRODIGI
Anno 1314, Città di Castello. La gente fa pressione, accalcata presso il portone del Convento dei Domenicani. Vuole entrare.
UOMO: (Bussando al portone) Aprite!
DONNA: Vogliamo che Margherita, nella sua bontà infinita, ci aiuti.
UOMO: Anche noi abbiamo bisogno dei tuoi miracoli, Margherita Santa!
DONNA: Ti imploriamo. Siamo qui per implorarti!
UOMO: Chiediamo soltanto di poter essere al suo cospetto, rispettosi di questo vostro sacro luogo. Non vogliamo altro. Aprite dunque!
DONNA: Margherita!
UOMO: Margherita Santa!
DONNA: Sappiamo che hai guarito or ora una giovane, gobba e sordomuta. A me questa cosa ha sconvolto. Particolarmente se penso che vai a preoccuparti d'una poveretta pressappoco nelle tue stesse condizioni, senza fare nulla invece per te, per risanare te stessa.
UOMO: (Rivolto a tutti gli altri) Ascoltate tutti! Ho visto con i miei occhi, un giorno quando ero a caccia nella selva di Apecchi, morire un uomo ucciso dagli orsi mentre stava tagliando la legna per poter riscaldare la sua casa. Condotto costui al cospetto di lei, immediatamente è resuscitato.
DONNA: (Urla dal fondo della folla) Io ho saputo di un bambino che è stato resuscitato due volte da lei, entrambe le volte dopo essere morto affogato nel fiume Vertola.
UOMO: Ma noi tutti, credo, non siamo qui per chiedere miracoli di questa portata. Non è vero?
DONNA: Sì!
UOMO: E' vero!
DONNA: E' così!
UOMO: Noi chiediamo soltanto qualche prodigio come, nel mio caso, quello di guarire mio figlio dalla febbre maligna.
DONNA: O come nel mio, che ho mio padre oppresso dalla "febbre pestilente", con medicamenti incapaci di rimedio.
UOMO: Io vorrei abbandonare queste stampelle, vorrei tornare a camminare con le mie gambe.
DONNA: Nessuno pretende di resuscitare i nostri morti.
UOMO: Certamente no! Vogliamo risolvere problemi meno gravi, come piaghe incurabili, qualche infermità della mente, qualche menomazione nel corpo, un avvelenamento…
DONNA: Certo sappiamo che non potrà esaudire ogni nostra richiesta, ma…
UOMO: Ma almeno quelle più semplici!
DONNA: Adesso siete ridicoli! Vi rendete conto che state facendo un elenco delle malattie in ordine di gravità? E credete davvero che la Santa Margherita possa tener conto delle vostre proposte e delle vostre valutazioni? Dovrebbe cioè, secondo voi, operare quel miracolo in quel caso, anziché quell'altro miracolo in quell'alto caso, a vostro piacimento! Insomma dovrebbe stare ad ascoltare certe idiozie. Infermità gravi, infermità meno gravi. Le infermità, per chi le vive, sono tutte gravi!
VENTURELLA: (S'affaccia al portone) Ascoltate gente! Vi prego!
UOMO; Ssssss! Silenzio, ascoltiamo Suor Venturella!
VENTURELLA: Nostra sorella Margherita adesso sta riposando. Lasciamola riposare tranquilla. È stanca, molto stanca. Lei pensa sempre a tutti noi, a voi, agli altri, non si preoccupa mai per se stessa. Forse quando riposa, quello è l'unico momento in cui si sta occupando di sé. Credetemi, se voi, dalle vostre case, al lavoro, per la strada, in chiesa, vi raccomandate a lei, pregate, implorate lei, perché faccia cessare le vostre tribolazioni, io v'assicuro che, senza venire fin qui tutti insieme a disturbare, potete ottenere gli stessi effetti. Lei è con tutti voi, siete tutti nel suo cuore, sempre. Questo ve lo posso assicurare. A me, che le sto sempre vicina, Margherita confessa tutte queste cose. Ora andate e vedrete che ogni vostro desiderio sarà egualmente esaudito.


"Beata Margherita della Metola", incisione del XVIII secolo (Archivio della Basilica Santa Maria sopra Minerva, Roma)


"Margherita de la Metola", Incisione del XIX secolo. Questa immagine è tratta da una'incisione in legno, che raffigura Beata Margherita della Metola o da Castello. Il foglio è di cm 8,00 x 12,50, la parte stampata misura cm 6,00 x 7,00 e comprende il nome ed il giorno, 18 Aprile, della Festa della Beata; nel retro del santino è riportato un sunto della sua vita. Questa xilografia è stata stampata a Milano coi tipi del Regio Stabilimento Nazionale-Ripamonti Carpano nel 1875.


0.140 - 15.1.15

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